Insomma, è trascorso un secolo, e le differenze saltano agli occhi… Non si viene più incriminati e condannati per avere urlato “Abbasso l’esercito!”: oggi basta molto meno. È sufficiente esibire, in una pubblica piazza e nel corso di un evento musicale aperto al pubblico, uno striscione su cui sia scritto: «Da Otranto a Vicenza, NO alle basi militari».
I fatti, in breve, sono questi. Nell'estate del 2007 viene sollevata sui giornali locali la vicenda attinente la base radar di Punta Palascìa presso Otranto (LE). Le forze armate hanno avanzato un progetto per il suo ampliamento, con conseguente colata di cemento al seguito. Questo aspetto indigna molti, che muovono la loro opposizione al progetto per ragioni di tutela paesaggistica. Ma per alcuni antimilitaristi la questione non può rimanere legata alla tutela dell’ambiente (la base si trova sulla costa), men che meno a quella del turismo: di fatto, l'ampliamento della base radar costituisce un passo in avanti verso la guerra. Essa funge da arma di controllo e monitoraggio generalizzato nei confronti dei vari traffici, di merci come di persone, che si svolgono nel mar Mediterraneo.
L'opposizione al militarismo non necessita di molte altre ragioni per chi è contro l'autorità e le gerarchie e per chi si ferma a pensare, anche solo un momento, al ruolo delle forze armate. Tuttavia una riflessione più generale sulle guerre viene alla mente, soprattutto se si tiene conto che la Puglia è una regione estremamente militarizzata, colma di basi militari, postazioni radar, aeroporti e porti militari, fabbriche di morte come Alenia del gruppo Finmeccanica. Da questi luoghi partono strumenti e truppe destinate alle zone di guerra. Ma anche in “tempi di pace” la loro funzione rimane la stessa.
Ed è stato in un “tempo di pace”, nell’agosto del 2007, che alcuni anarchici hanno espresso un messaggio contro la guerra, consapevoli che, anche quando non dichiarata, essa è sempre presente per mezzo dei suoi uomini e delle sue strutture. Durante lo svolgimento del festival “La Notte della Taranta”, che come ogni anno si tiene in piazza a Melpignano (LE), tra decine di migliaia di persone, viene esposto uno striscione che ribadisce un NO a tutte le basi militari da Otranto a Vicenza; in quegli anni si parla infatti della costruzione di una grande base militare Usa a Vicenza. Dopo pochi minuti, però, alcuni digossini cercano di strappare lo striscione, che viene invece trattenuto con forza, aiutati dalla solidarietà di alcuni tra i presenti in piazza. La repressione del dissenso non riesce ad ottenere il suo scopo sul posto, immediatamente, ma dopo alcuni anni. Incriminati per resistenza a pubblico ufficiale, alcuni di coloro che tenevano lo striscione vengono condannati in primo grado, nell'autunno del 2010, ad un anno di detenzione, e ora saranno nuovamente processati, in Appello, presso il tribunale di Lecce. L’udienza è prevista per il prossimo 18 aprile.
L'episodio in sé non necessita, in realtà, di molti commenti. La semplice espressione di un pensiero viene repressa, senza se e senza ma, dalla polizia politica, in una piazza gremita di persone, che hanno la sola concessione di divertirsi e consumare. Anche un gesto semplice, come l'esposizione di uno striscione antimilitarista, deve essere represso, al fine di non instillare neanche un briciolo di riflessione o di contestazione.
The show must go on, la dittatura del pensiero anche! La repressione si manifesta per ciò che realmente è: uno degli aspetti della guerra in “tempo di pace”. Ha bisogno del consenso, del silenzio complice, dell’assuefazione di tutti. Un anno di detenzione per resistenza a pubblico ufficiale rappresenta il monito verso chi decide di non tacere, verso coloro che ancora levano le loro grida sediziose: Abbasso gli eserciti! Abbasso le guerre!
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