Senza lavoro, essi servono per spingere chi ce l’ha a qualsiasi umiliazione pur di tenerselo stretto. Isolati, essi servono per far credere ai cittadini che si pretendono tali di avere una reale vita in comune (tra le carte bollate dell’autorità e i banconi delle merci).
Immigrati, essi servono per dare l’illusione di avere delle radici a chi, proletario senza nemmeno più la prole, è disprezzato dai propri figli, solo con il suo nulla in ufficio, in metropolitana o davanti alla televisione.
Clandestini, essi servono per ricordare che la sottomissione salariale non è il peggio – esistono anche il lavoro forzato e la paura del controllo che stringe ad ogni pattugliamento.
Espulsi, essi servono per ricattare, con la paura del viaggio verso una miseria senza ritorno, tutti i rifugiati economici del genocidio capitalista.
Prigionieri, essi servono per minacciare con lo spettro del castigo chi non vuole più rassegnarsi a questa miserabile esistenza.
Estradati in quanto nemici dello Stato, essi servono per far capire che nell’Internazionale del dominio e dello sfruttamento non c’è spazio per il cattivo esempio della rivolta.
Poveri, isolati, ovunque stranieri, carcerati, fuorilegge, banditi, cassaintegrati: le condizioni di questi indesiderabili sono sempre più comuni.
Comune può farsi allora la lotta, sulla base del rifiuto di una vita ogni giorno più precarizzata e artificiale. Cittadini o stranieri, innocenti o colpevoli, clandestini o regolarizzati: le distinzioni dei codici statali non ci appartengono.
Fratelli e sorelle sta tornando il tempo di una nuova solidarietà anonima e sediziosa, senza capi né mediatori. Il tempo di una nuova congiura.
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